«Siamo finalmente in presenza di scelte di Governo che coniugano lotta al virus, ripresa, con l’apertura di cantieri, nuovi sostegni e riaperture programmate. Naturalmente ci aspettavamo di più da queste riaperture». Lo dice il presidente provinciale di Confesercenti, Giovanni Caso, che precisa: «Aver iniziato a programmare la ripartenza è un bene, ma con i criteri adottati gran parte dei pubblici esercizi non potrà riaprire».
La preoccupazione dell’associazione di categoria è per tutti quei ristoranti, e sono tanti, che non hanno a disposizione spazi esterni, o che hanno a disposizione solo spazi ridottissimi. Per questo la richiesta è quella di «sentire le associazioni di categoria e concordare le scelte per l’applicazione dei protocolli come avvenuto in passato. Quelli approvati (e concordati) nella prima fase della pandemia hanno dato i risultati auspicati».
Più dura la posizione del presidente provinciale Fiepet, Massimiliano Mei «Dopo una chiusura così prolungata ci aspettavamo di più. Ci chiedono l’enorme distanza di due metri tra i clienti di tavoli diversi al chiuso (un metro all’aperto), e poi ci dicono che non si può lavorare dentro i locali ma solo all’aria aperta».
Anche per questo Confesercenti, oltre a chiedere al Governo di consentire di lavorare anche a chi non ha spazi aperti su cui contare, chiede ai comuni di attivarsi per concedere maggior suolo pubblico in città e nei centri storici.
«Le associazioni avevano chiesto regole certe anche in caso di aumento dei contagi, mentre siamo ancora legati alle fasce dei colori – prosegue Mei -. Se non saremo più gialli chiuderemo di nuovo. Per di più, nella stessa categoria, si creeranno differenze tra locale e locale, e questo non è accettabile: non ci possono essere locali di serie A e di serie B».
Confesercenti torna poi a ribadire la necessità di ristori adeguati e immediati. «Si continua a ragionare sui sostegni riferendosi al 2020, mentre dobbiamo concentrare gli sforzi anche sul sostegno alle imprese che sono ancora sottoposte a restrizioni nel 2021, come i pubblici esercizi».